All’esito delle investigazioni è emerso che i “rilevanti investimenti effettuati nel tempo” – tra cui un noto stabilimento balneare e varie imprese attive nel settore dei prodotti da forno – “non trovavano copertura con i modesti redditi dichiarati dai 2 proposti e dai loro familiari”, spiegano dalla finanza.
Nuovo colpo al clan Fasciani di Ostia. La Guardia di Finanza ha sequestrato beni per oltre 12 milioni di euro a due persone, ritenute esponenti di spicco del gruppo criminale. Il decreto di confisca è stato emesso dalla sezione misure di prevenzione del Tribunale su richiesta della Direzione distrettuale antimafia capitolina.
Le indagini sono partite al termine delle operazioni di polizia “Nuova alba”, eseguita dalla Polizia di Stato nel luglio 2013, e “Tramonto”, conclusa dalle fiamme gialle capitoline nel febbraio 2014, dalle quali era emersa l’operatività dei Fasciani nel territorio del litorale.
Il provvedimento conferma le precedenti decisioni adottate dalla Sezione Specializzata Misure di Prevenzione del Tribunale capitolino, che, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Roma, aveva disposto dapprima il sequestro, nel 2016, e poi la confisca di primo grado, nel 2018, dell’ingente patrimonio mobiliare, immobiliare e societario riconducibile al sodalizio di Ostia.
Gli accertamenti svolti dal G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria sono stati incentrati sui vertici del clan, gravati da “precedenti per fatti di estorsione, usura, traffico di sostanze stupefacenti e intestazione fittizia di beni, nonché sui membri dei rispettivi nuclei familiari e hanno valorizzato le risultanze di precedenti operazioni di polizia ai fini dell’aggressione patrimoniale”, spiega la Finanza.
All’esito delle investigazioni è emerso che i rilevanti “investimenti effettuati nel tempo – tra cui un noto stabilimento balneare e varie imprese attive nel settore dei prodotti da forno – non trovavano copertura con i modesti redditi dichiarati dai 2 proposti e dai loro familiari”.
“È stato altresì rilevato come, dopo i primi provvedimenti giudiziari emessi nei loro confronti, fosse stato adottato un complesso e articolato reticolo societario per schermare la riconducibilità delle attività commerciali dietro persone di fiducia, che fungevano, però, da compiacenti prestanome”, sottolineano gli inquirenti.
Fonte: RomaToday
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